domenica 4 ottobre 2009

M. DURAS – L'amante

  • Avevo paura di me, avevo paura di Dio.
  • In me c'era anche posto per il desiderio, a quindici anni avevo il volto di quel piacere che ancora non conoscevo.

  • Ebbene, mentre esso accadeva, la sua importanza era ignorata da tutti.

  • Alla foto non fatta deve la sua virtù, quella di rappresentare un assoluto, di esserne l'artefice.

  • Ha smesso di essere un dato grossolano e fatale della natura. È diventato l'opposto, una scelta che contrastava la natura, una scelta dello spirito. Improvvisamente è diventata una cosa voluta.
  • Quel che ignoro, come doveva ignorarlo lei, è la natura di ciò che s'imponeva al suo spirito e le causava quello scoraggiamento.

  • Ho capelli folti, soffici, sensibili, una massa ramata che scende fino alla vita. Mi sento ripetere che sono quanto ho di più bello e io ne deduco che non sono bella.

  • Questo mancare delle donne a se stesse sempre l'ho sentito come un errore.

    Non c'era da attirare il desiderio. Il desiderio era in lei che lo provocava o non esisteva. C'era fin dal primo sguardo o non era mai esistito. Era l'immediata intesa sessuale tra due persone o non era niente.

  • Il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi della condizione in cui si è.

  • Mi guarda con simpatia, forse considera un buon segno che la piccola abbia, nel vestirsi, inventiva e fantasia, apprezza l'originalità, lei che è austera come una vedova, vestita di grisaglia come una spretata, la mia originalità la piace.

  • Per questa ragione la madre lascia che la figlia di vesta come una prostituta bambina. Ed è per questa ragione che la bambina sa già come combinare l'interesse che desta negli altrie l'interesse che ha lei per il denaro. La madre ne sorride.

  • [...] credo di aver parlato del nostro amore per nostra madre, ma non so se ho parlato anche dell'odio, di quanto ci amavamo e di quanto anche riuscivamo a odiarci, vivendo questa storia di rovina e di morte che era la storia della nostra famiglia – una storia fatta di amore e odio, che sfugge ancora ad ogni mio intendere, che mi è ancora inaccessibile, celata nelle profondità della mia carne, ceca come un neonato il primo giorno.

  • Non ho mai scritto credendo di farlo, non ho mai amato credendo di amare. Ho solo aspettato dietro quella porta chiusa.

  • Era troppo tardi per ritrovarsi. Fin dal primo sguardo l'abbiamo capito. Non c'era più niente da ritrovare.

  • E starò sempre lì a pentirmi di tutto quello che faccio, di tutto quello che lascio, di tutto quello che prendo, il buono e il cattivo, l'autobus, il conducente dell'autobus col quale scherzavo, le vecchie che masticavano betel, sedute in fondo, i bambini sui portabagagli, la famiglia di Sadec, l'orrore della famiglia di Sadec, il suo geniale silenzio.

  • Non prova nessun sentimento preciso, non odio e neppure ripugnanza, allora forse è desiderio. Non lo sa.

  • Ad un tratto lei sa, in quell'istante lei sa che lui non la conosce, che non la conoscerà mai, che non avrà mai modo di conoscere un essere tanto perverso, che non potrà mai riuscire ad afferrarla.

  • [...] le era piaciuto già sul traghetto, le piace, tutto dipende da lei.

  • Gli dice: vorrei che non mi amassi, e se mi ami, vorrei che facessi come con le altre donne. Lui la guarda, spaventato, domanda: è questo quello che vuoi? Lei risponde di sì. E lui soffre già, in quella camera, per la prima volta, su questo certo non mente.

  • Lei piangendo, lo fa. Prima c'è il dolore. Poi quel dolore viene sopraffatto, trasformato, strappato via lentamente, portato verso il piacere, avviluppato ad esso.

    Il mare, sconfinato, semplicemente incomparabile.

  • Asciuga il sangue, mi lava mentre io lo guardo. Insensibilmente torna a crescere il desiderio di lui.

  • Ascolto come parla, come si sbaglia, come mi ama anche, con una teatralità insieme convenzionale e sincera.

  • Il suo eroismo sono io, il suo servilismo è il denaro paterno.

  • [...] ormai può solo peggiorare la situazione e di conseguenza perdermi.

  • [...] è come se non avesse parlato, come se nessuno avesse sentito. Il suo tentativo annega nel silenzio.

  • Lui da principio fa finta di non aver sentito, e io, secondo la logica del fratello maggiore, non devo ripetere, reiterare la domanda, farlo sarebbe uno sbaglio, sarebbe accondiscendere alla sua ritrosia.

  • Intorno al ricordo, il chiarore livido della notte del cacciatore, e uno stridulo segnale di allarme, come un grido di un bambino.

  • Mai buongiorno, buonasera, buon anno. Mai grazie. Mai una parola, mai il bisogno di dire una parola. Muti, lontani.

  • Non l'ha fatto. È stata imprudente, incoerente, irresponsabile. Era tutto questo. Ha vissuto. L'abbiamo amata tutti e tre oltre l'amore. Proprio perché non avrebbe potuto, perché non poteva tacere, nascondere, mentire, noi tre, pur così diversi, l'abbiamo amata allo stesso modo.

  • Si picchiano senza una parola, si sente solo il loro respiro, i lamenti, il rumore sordo dei colpi. Mia madre, ogni volta, accompagna la scena con grida da melodramma.

    Sono entrambi capaci di quegli scatti di collera, cupa, omicida, che si vedono solo nei fratelli, nelle sorelle, nelle madri. Il fratello maggiore soffre di non poter far liberamente il male, di non disporre del male, non solo qui, ma ovunque. L'altro di assistere impotente a un tale orrore, a una tale inclinazione del fratello.

  • Dimentico tutto, persino di dire che ridevamo tanto, io e il mio fratellino, ridevamo sino a rimanere senza fiato, senza vita.

  • Siamo amanti, non possiamo smettere di amarci.

  • Il ricordo degli uomini non ha mai la luminosa chiarezza che ha quello delle donne.

  • Ricordo la sua grazia, è troppo tardi per dimenticarla, niente ha ancora raggiunto quella perfezione, niente la scalfirà mai, né le circostanze, né il momento, né il freddo, né la fame, né la disfatta tedesca, né la piena luce sul Crimine.

  • [...] porgeva il suo sapere con un garbo sublime, usava la sua competenza in maniera essenziale e trasparente, senza mai farla sentire come un obbligo, un peso. Era un uomo sincero. Era sempre una gioia incontrarlo per strada, al bar, era felice di vederti, ed era vero, ti salutava in letizia.

  • Quando me ne sono andata, quando l'ho lasciato, per due anni non mi sono avvicinata a un uomo. Ma forse questa inesplicabile fedeltà era fedeltà a me stessa.

  • È dolce, affettuoso, come sempre dopo i suoi delitti o quando ha bisogno di aiuto.

  • Loro due soli. È giusto che sia così. È un'immagine splendida e intollerabile.

  • Perché gli era impossibile dimenticare così presto quell'amore, era ancora troppo nuovo, troppo forte, troppo impregnato della sua violenza nascente, [...]

  • Ricordo una certezza avvertita da tutto il mio essere: se solo mi sfiorerà con la mano, cadrò a mia volta in uno stato ben peggiore della morte, nella follia.

  • Il loro errore è davanti agli occhi di tutti. Entrambe sono votate al discredito per la natura del corpo che hanno, accarezzato dagli amanti, baciato dalle loro bocche, abbandonato all'infamia di un piacere che fa morire, si dice, morire di quella misteriosa morte che colpisce gli amanti senza amore.

  • Ci siamo guardate a lungo e poi lei ha sorriso, un sorriso dolcissimo, un po' ironico, segnato da una conoscenza tanto profonda dei suoi figli, di ciò che il futuro avrebbe riservato loro, che c'è mancato poco che le parlassi di Cholen.

  • Mi guarda e dice cose indimenticabili: agli uomini piaci? Proprio così, rispondo, piaccio lo stesso. A questo punto dice: piaci anche per quello che sei.

  • [...] tra noi non ci guardiamo mai ma guardiamo le foto, ognuno per conto suo, senza una parola di commento, però le guardiamo e ci vediamo.

  • [...] nessuna immagine di quei luoghi incredibili, sempre provvisori, al di la di ogni bruttezza, da scappare, [...]

  • È in quest'assurdo coraggio della specie che io ritrovo una grazia profonda.

  • Fa l'amore ogni sera con la sua bambina e talvolta si spaventa, si preoccupa della sua salute, come se scoprisse che è mortale e pensasse improvvisamente di poterla perdere. [...] E di quel disgusto che lei talvolta ha della vita, [...] e improvvisamente urla e piange di rabbia all'idea di non poter cambiare la sorte, [...]

  • Lui, il volto contro di lei, riceve il suo pianto, se la preme contro, folle dal desiderio delle sue lacrime, della sua rabbia.

  • Lei si addormenta esausta appoggiandosi a lui, che la sveglia con i suoi baci.

  • Lei ha l'incomparabile attenzione di chi non capisce cosa gli dicono.

  • Credo che la mia vita abbia cominciato a delinearsi. So già parlare a me stessa, dirmi che ho vagamente voglia di morire. Queste parole non le posso scindere già più dalla mia vita. Credo di aver vagamente voglia di star sola, mentre mi accorgo di non esserlo più da quando sono uscita dall'infanzia, dalla famiglia del Cacciatore.

  • Prima la mente si rifiuta di capire e poi, bruscamente, da ogni parte, dalla profondità del mondo, il dolore è arrivato, mi ha sommersa, mi ha trascinata, non riconoscevo niente, esisteva solo il dolore, [...]

  • Che la vita è immortale mentre è vissuta, mentre è in vita. Che l'immortalità non è una questione di tempo, non è una questione di immortalità, è qualcosa di ignoto.

  • Come se lo amassi per sempre e niente e niente di nuovo potesse succedere a questo amore. Avevo dimenticato la morte.

  • Le partenze erano tutte uguali. Come le prime partenze sui mari. Il distacco dalla terra avveniva sempre nel dolore e nella disperazione, ma questo non aveva mai impedito agli uomini di mettersi in viaggio, agli ebrei, ai pensatori, a chi amava i viaggi per mare, e non aveva neppure impedito alle donne di lasciarli andare, alle donne che non viaggiano mai, che rimanevano a custodire il luogo natale, la razza, i beni, la ragion d'essere del ritorno. Per secoli le navi avevano reso i viaggi più lenti, più tragici di quanto non lo siano ai giorni nostri. La durata del viaggio corrispondeva alla sua lunghezza, in modo naturale. Si era abituati alle lente velocità umane per terra e per mare, ai ritardi, all'attesa del vento, delle schiarite, dei naufragi, del sole, della morte.

  • Una volta fissata la data della partenza, anche se ancore lontana, non riusciva a far più niente con il mio corpo. Era successo improvvisamente, a sua insaputa. Il suo corpo non voleva più colei che era decisa a partire, a tradire.

  • Manteneva tutta la sua dolcezza, anche nel dolore.

  • A volte diceva che voleva accarezzarmi perché sapeva che ne avevo un una gran voglia e voleva guardarmi quando arrivavo al piacere. Lo faceva, mi guardava e mi chiamava la sua bambina. Avevamo deciso di non vederci più, ma non era possibile, non era stato possibile.

  • Questa era la cosa più terribile: il sorgere del sole, il mare vuoto, la decisione di abbandonare le ricerche. Il distacco.

  • [...] tutto a un tratto non era più sicura di non averlo amato, solo che quell'amore non l'aveva visto perché si era perso nella storia come acqua nella sabbia e lei lo ritrovava soltanto ora, nell'istante della musica sul mare. Come più tardi, l'eternità del fratellino attraverso la morte.

  • Il ricordo della ragazza bianca, il suo corpo doveva esser lì, sdraiato attrverso il letto. A lungo lei deve essere rimasta la padrona del suo desiderio, ciò che per lui significava emozione, immensità della tenerezza, cupa e terribile profondità della carne.

  • Forse si sbagliava, forse aveva pianto con lui, senza una parola, per tutta la notte. E l'amore sarebbe venuto dopo quel pianto.

  • Ma poi glielo aveva detto. Le aveva detto che era come prima, che l'amava ancora, che non avrebbe potuto mai smettere di amarla, che l'avrebbe amata fino alla morte.

M. DURAS – C'est tout

  • Quelquefois je suis vide pendant très longtemps.

    Je suis sans identité.

    A volte sono vuota per un tempo lunghissimo.

    Sono senza identità.

  • [...] La beauté de ses mains,

    c'est ça, oui.

    Ses mains qui avancent avec la colline – devenue distincte, claire, aussi lumineuse q'un grâce d'enfant.

    Je vous embrasse.

    Je vous attends comme j'attends celui qui détruira cette grâce défaite, douce et encore chaude.

    A toi donnée, entière, de tout mon corps, cette grâce.

    [...] La bellezza delle sue mani,

    sì, è questo.

    Le sue mani che avanzano con la collina – divenuta distinta, chiara, luminosa come la grazia di un bambino.

    Ti bacio.

    Ti aspetto come colui che distruggerà questa grazia disfatta, dolce e ancora calda.

    Data a te, interamente, con tutto il corpo, questa grazia.

  • J'ai voulu vous dire

    que je vous aimais.

    Le crier.

    C'est tout.

    Ho voluto dirti

    che ti amavo.

    Gridarlo.

    È tutto.

  • Être ensemble c'est l'amour, la mort, la parole, dormir.

    Essere insieme è l'amore, la morte, la parola, dormire.

  • Puor Yann.

    Puor rien.

    Le ciel est vide.

    Ça fait des années que j'aime cet homme.

    Un homme que je n'ai pas encore nommé.

    Un homme que j'aime.

    Un homme que me quittera.

    Le reste, devant, derrière moi, avant et après moi, ça m'indiffère.

    Je t'aime.

    Per Yann.

    Per niente.

    Il cielo è vuoto.

    Sono anni che amo quest'uomo.

    Un uomo che non ho ancora nominato.

    Un uomo che amo.

    Un uomo che mi lascerà.

    Il resto, di fronte, dietro di me, prima e dopo di me, mi è indifferente.

    Ti amo.

  • Je n'ai pas dit le principal sur sa personne, son âme, ses pieds,

    ses mains, son rire.

    Le principal pour moi, c'est de laisser son regard quand il est seul.

    Quand il est dans le désordre de la pensée.

    Il est trés beau. C'est difficile à savoir.

    Si je commence à parler de lui, je ne m'arrête plus.

    Ma vie est comme incertaine, plus incertaine, oui, que la sienne a lui devant moi.

    Non ho detto la cosa più importante sulla sua persona, la sua anima, i suoi piedi,

    le sue mani, la sua risata.

    La cosa importante per me, è lasciare il suo sguardo quando è solo.

    Quando è nel disordine del pensiero.

    È bellissimo. È difficile da sapere.

    Se comincio a parlare di lui, non mi fermo più.

    La mia vita è come incerta, sì, più incerta della sua di fronte a me.

  • Je suis en contact avec moi-même dans une liberté qui coïncide avec moi.

    Sono in contatto con me stessa in una libertà che coincide con me.

  • Je n'ai jamais eu de modèle.

    Je désobéissais en obéissant.

    Quand j'écris je suis de la même folie que dans la vie.

    Je rejoins de masses de pierre quand j'ècris.

    Le pierres du Barrage.

    Non ho mai avuto un modello.

    Disobbedivo ubbidendo.

    Quando scrivo ho la stessa follia che nella vita.

    Raggiungo le masse di pietra quando scrivo.

    Le pietre della Diga.

  • Vous y allez tout droit à la solitude.

    Moi, non, j'ai les livre.

    Ci va dritto alla solitudine.

    Io no, ho i libri, io.

  • Je me sens perdue.

    Mortc'est équivalent.

    C'est terrifiant.

    Je n'ai plus envie de faire l'effort.

    Je ne pense à personne.

    C'est terminé la reste.

    Vous aussi.

    Je suis seule.

    Mi sento persa.

    Morta è uguale.

    È spaventoso.

    Non ho più voglia di fare lo sforzo.

    Non penso a nessuno.

    È finito, il resto.

    Anche lui.

    Sono sola.

  • Ce n'est plus du malheur que tu vis, c'est le désespoir.

    Non è più di infelicità che vivi, è disperazione.

  • Yann.

    J'espère te voir à la fin de l'après-midi.

    De tout mon cœur.

    De tout mon cœur.

    Yann.

    Spero di vederti alla fine del pomeriggio.

    Con tutto il cuore.

    Con tutto il cuore.

  • Je suis peinée que les décennies passent si vite.

    Mais je suis quand même de ce côté-là du monde.

    C'est tellement dur de mourir.

    À un certain moment de la vie, le choses sont finies.

    Je le sens comme ça: les choses sont finies.

    C'est comme ça.

    Mi rattrista che i decenni passino così in fretta.

    Ma sono ancora da questa parte del mondo.

    È così duro morire.

    A un certo momento della vita, le cose sono finite.

    Sento così: le cose sono finite.

    È così.

  • Je vous aimerai jusqu'à ma mort.

    Je vais essayer de ne pas mourir trop tôt.

    C'est tout ce que j'ai faire.

    L'amerò fino alla morte.

    Cercherò di non morire troppo presto.

    È tutto quello che ho da fare.

  • Prend-moi dans tes larmes, dans tes rires, dans tes pleurs.

    Prendimi nelle tue lacrime, nelle tue risate, nei tuoi pianti.

  • Je t'aime trop.

    Je ne sais plus écrire.

    L'amour trop grand entre nous, jusqu'à l'horreur.

    Ti amo troppo.

    Non so più scrivere.

    L'amore troppo grande tra noi, fino all'orrore.

  • On est tous les deux des innocents.

    Siamo tutti e due degli innocenti.

  • Il n'y a pas de dernier baiser.

    Non c'è nessun ultimo bacio.

  • S'il y a un bon Dieu, c'est toi. Tu y crois dur comme fer, toi.

    Se c'è un buon Dio sei tu. Ci credi ciecamente, tu.

  • Viens.

    Viens dans le soleil, quel qu'il soit.

    Vieni.

    Vieni nel sole, qualunque sia.

  • Je suis un bout de bois blanc.

    Et vous aussi.

    D'une autre couleur.

    Sono un pezzo di legno bianco.

    E anche tu.

    Di un altro colore.

  • Vous êtes ce que vous êtes et ça m'enchante.

    Sei quello che sei, e questo m'incanta.

  • Le mot amour existe.

    La parola amore esiste.

  • Viens.

    Il faut qu'on parle de notre amour.

    On va trouver les mots pour ça.

    Il n'y aurait pas de mots peut-être.

    Vieni.

    Bisogna che parliamo del nostro amore.

    Troveremo le parole per farlo.

    Non ci saranno parole, forse.

  • J'aime la vie, même comme elle est là.

    C'est bien, j'ai trouvé les mots.

    Amo la vita, persino come è ora.

    Ecco, ho trovato le parole.

  • Les baisers de vous, j'y crois jusqu'à la fin de ma vie

    Au revoir.

    Au revoir à personne. Même pas à vous.

    C'est fini.

    Il n'y a rien.

    Il fermer la page.

    Viens maintenant.

    Il faut y aller.

    I suoi baci, ci credo fino alla fine della vita.

    Arrivederci.

    Arrivederci a nessuno. Neanche a lui.

    È finita.

    Non c'è niente.

    Bisogna chiudere la pagina.

    Vieni adesso.

    Bisogna andare.

  • Tu peux maintenant ouvrir ton cœur. C'est moi peut-être. Je ne suis pas perdue pour toi.

    Puoi aprire il tuo cuore adesso. Forse sono io. Non sono persa per te.

  • Viens.

    Je n'aime rien.

    Je viendrais autour de toi.

    Viens à côté de moi.

    C'est tout.

    Je veux être à l'abri de ça.

    Viens vite me mettre quelque part.

    Vieni.

    Non amo niente.

    Verrei intorno a te.

    Vieni accanto a me.

    È tutto.

    Voglio essere al riparo da tutto questo.

    Vieni presto a mettermi da qualche parte.

  • Je ne peux plus du tout tenir.

    Je ne crois pas qu'on puisse nommer cette peur. Pas encore.

    Donne-moi ta bouche.

    Viens vite pour aller plus vite.

    Vite.

    C'est tout.

    Vite.

    Non posso proprio più reggere.

    Non credo si possa dare un nome a questa paura. Non ancora.

    Dammi la tua bocca.

    Vieni presto, per andare più presto.

    Presto.

    È tutto.

    Presto.

  • Je vous aimerai jusqu'à ne pas vous abandonner.

    L'amerò al punto di non abbandonarlo.

  • Venez m'aimer.

    Venez.

    Viens dans ce papier blanc.

    Avec moi.

    Je te donne ma peau.

    Viens.

    Vite.

    Dis-moi au revoir.

    C'est tout.

    Je ne sais plus rien de toi.

    Je m'en vais avec les algues.

    Viens avec moi.

    Venga ad amarmi.

    Venga.

    Vieni in questa carta bianca.

    Insieme a me.

    Ti do la mia pelle.

    Vieni.

    Presto.

    Dimmi arrivederci.

    È tutto.

    Non so più niente di te.

    Me ne vado con le alghe.

    Vieni con me.

  • Le long de la mer. Le long de toi.

    Je ne sais plus rien. Je ne sais plus où je suis.

    C'est fini.

    Des colonnes puor se rapprocher du ciel.

    Viens.

    In riva al mare. In riva a te.

    Non so più niente. Non so più dove sono.

    È finita.

    Delle colonne per avvicinarsi al cielo.

    Vieni.

  • Je ne veux rien, rien qui soit conditionné.

    Je veux un café, e tout de suite.

    Non voglio niente, niente che sia condizionato.

    Voglio un caffè, e subito.

  • La haine, ça sert à tenir.

    L'odio, serve a resistere.

  • Une douleur confidentielle.

    Yann, il faudrait que je t'excuse, je ne sais pas de quoi.

    Je suis belle. Carrément, fortement belle.

    Un dolore confidenziale.

    Yann, bisognerà che io ti scusi, non so di cosa.

    Sono bella. Decisamente, intensamente bella.

  • [...] Yann, je t'ai tellment aimé. Et maintenant il faut que je m'éloigne. [...]

    [...] Yann, ti ho talmente amato. E adesso bisogna che mi allontani. [...]

  • Ce que je sais c'est que je n'ai plus rien. C'est l'horreur. Il n'y a plus que le vide. Les vides.

    Ce vide du dernier terrain.

    On n'est pas deux. On est seul chacun.

    Quello che so è che non ho più niente. È l'orrore. Non c'è più che il vuoto. I vuoti.

    Questo vuoto dell'ultimo terreno.

    Non si è in due. Si è ognuno da solo.

  • Tu te souviens comme on a été beaux. Plus personne après n'a été beau comme ça.

    Ti ricordi di come siamo stati belli. Più nessuno dopo è stato bello così.

  • La chambre ancienne où l'on s'aimait.

    La camera antica in cui ci amavamo.

  • C'est curieux comme je t'aime toujour, même quand je ne t'aime pas.

    È curioso come ti ami sempre, anche quando non ti amo.

  • Je vous ai connu très fort.

    Je vais partir vers un autre degré.

    Nulle part.

    L'ho conosciuta molto intensamente.

    Parto verso un altro grado.

    Da nessuna parte.

  • Je vous aime.

    Au revoir.

    L'amo.

    Arrivederci.

J.P. SARTRE – La Nausea

  • [...] non voglio segreti, né stati d'animo, né dell'indicibile: non sono né vergine né prete per giocare alla vita interiore.

  • Sono le tre. Le tre è sempre troppo tardi o troppo presto per quello che si vuol fare. È la più stramba ora del pomeriggio. Oggi è intollerabile.

  • Rimango seduto, con le braccia penzoloni, oppure traccio qualche parola senza persuasione, sbadiglio, attendo che scenda la sera.

  • Insomma, mi ero immaginato che in certi momenti la mia vita avrebbe potuto assumere un'essenza rara e preziosa.

  • Ho saputo d'improvviso, senza ragione apparente, d'aver mentito a me stesso per dieci anni.

  • Ma bisogna scegliere: o vivere o raccontare. Per esempio quando ero ad Amburgo con quell'Erna di cui non mi fidavo e che aveva paura di me, menavo un'esistenza strana. Ma c'ero dentro, e non ci pensavo. Poi, una sera, in un piccolo caffè di San Pauli, ella mi lasciò per andare al lavabo, ed io rimasi solo. C'era un fonografo che suonava Blue Sky. Mi misi a raccontarmi quello ch'era avvenuto al mio sbarco. Mi dissi: “La terza sera, mentre entravo in un dancing chiamato la Grotta Azzurra, ho notato un pezzo di donna mezzo ubriaca. E quella donna è quella che attendo in questo momento, mentre ascolto Blue Sky, e che sta per tornare a sedersi alla mia destra e circondarmi il collo con le sue braccia”. Allora ho sentito acutamente che avevo un'avventura. Ma Erna è tornata, mi si è seduta accanto, m'ha circondato il collo con le braccia ed io l'ho detestata, senza saper bene il perché. Lo capisco ora: bisognava ricominciare a vivere e l'impressione dell'avventura era svanita.

    Quando si vive non accade nulla. Le scene cambiano, le persone entrano ed escono, ecco tutto. Non vi è mai un inizio. I giorni si aggiungono ai giorni, senza capo né coda, è un'addizione interminabile e monotona.

  • [...] gli avvenimenti si verificano in un senso e noi li raccontiamo in senso inverso.

  • Avrei voluto che i momenti della mia vita si susseguissero e s'ordinassero come quelli d'una vita che si rievoca. Sarebbe come tentar d'acchiappare il tempo per la coda.

  • Sono rimasto per un momento appoggiato contro il cancello, e poi, bruscamente, ho capito ch'era domenica. Era là, sugli alberi, sui prati, come un leggero sorriso.

  • La luce s'addolcisce. In quell'ora instabile qualcosa annunciava la sera. Questa domenica aveva già un passato.

  • Niente è cambiato, e tuttavia tutto esiste in un'altra maniera. Non posso descriverlo, è come la Nausea e tuttavia è esattamente l'opposto: finalmente mi capitava un'avventura e se m'interrogo vedo che mi capita e che sono io che sono qui; sono io che fendo la notte, sono felice come un eroe di romanzo.

  • Non ho fretta di rimettermi in cammino. Mi sembra d'aver toccato la vetta della mia felicità.

  • Ciò che mi fa disgusto, in fondo, è d'esser stato sublime, ieri sera.

  • Anny sapeva trarre dal tempo tutto quanto era possibile. All'epoca in cui lei era a Gibuti e io ad Aden, quando andavo a trovarla per ventiquattr'ore, lei s'ingegnava di moltiplicare i malintesi tra noi, fino a che non restavano più che sessanta minuti alla mia partenza; sessanta minuti, giusto il tempo che ci vuole per sentir passare i secondi uno ad uno. Mi ricordo una di queste terribili serate. Dovevo partire a mezzanotte. Eravamo andati al cinema all'aperto; eravamo disperati, lei quanto me. Soltanto che era lei che dirigeva il giuoco. Alle undici, all'inizio del film lei mi prese la mano e me la serrò tra le sue senza una parola. Mi sentii invadere da una gioia acre e compresi, senza aver bisogno di guardare l'orologio, che erano le undici. A partire da quell'istante cominciammo a sentir scorrere i minuti. Quella volta ci lasciammo per tre mesi. Ad un certo punto si proiettò sullo schermo un'immagine tutta bianca, l'oscurità si addolcì e vidi che Anny piangeva.

  • In una nuvola ho ritrovato un suo sorriso, ho indovinato i suoi occhi, la sua testa inclinata [...]

  • Sorrideva. Prima ho perduto il ricordo dei suoi occhi, poi quello del suo lungo corpo. Ho ritenuto quanto più a lungo ho potuto il suo sorriso, e poi, tre anni fa, ho perduto anche quello. Or ora, bruscamente, [...] mi è tornato; m'è parso di vedere Anny che sorrideva. Cerco di ricordarmelo ancora; ho bisogno di sentire tutta la tenerezza che ella mi ispira – è qui, questa tenerezza, vicinissima, non chiede che di nascere. Ma il sorriso non ritorna: è finito. Resto vuoto e secco.

  • Fintanto che ci siamo amati non abbiamo permesso che il più infimo dei nostri istanti, la nostra più piccola pena si distaccasse da noi e restasse indietro. I suoni, gli odori, le sfumature della luce, perfino i pensieri che non si dicevano, tutto, portavamo con noi e restava viva: non avevamo mai cessato di gioirne e di soffrirne al presente. Non un ricordo; un amore implacabile e torrido, senza ombre, senza scampo, senza rifugio. È per questo che ci siamo separati: non avevamo più forza per sopportare tutto questo fardello. E poi, quando Anny mi ha lasciato, di colpo, in un solo blocco, i tre anni sono sprofondati nel passato. Non ho nemmeno sofferto, mi sono sentito vuoto.

  • Il passato è un lusso da proprietari.

    Ed io dove potrei conservare il mio? Non ci si può mettere il passato in tasca; bisogna avere una casa per sistemarvelo. Io non possiedo che il mio corpo; un uomo completamente solo, col suo corpo soltanto, non può fermare i ricordi, gli passano attraverso.

  • Io non so approfittare dell'occasione: vado a caso, vuoto e calmo, sotto un cielo inutilizzato.

  • Non bisogna aver paura.

  • Cercavo intorno un appoggio solido, una difesa contro i miei pensieri. Non c'era niente; a poco a poco la nebbia si era aperta, ma qualcosa di inquietante continuava a trascinarsi nella strada.

  • Immagino sia per pigrizia che il mondo si rassomiglia tutti i giorni. Oggi aveva l'aria di voler cambiare. E allora tutto, tutto poteva succedere.

  • In regola con Dio e con la coscienza quel giorno come tutti gli altri, erano scivolati dolcemente nella morte per andare a reclamare la parte di vita eterna alla quale avevano diritto.

    Poiché loro avevano avuto diritto a tutto: alla vita, al lavoro, alla ricchezza, al comando, al rispetto e, infine, alla immortalità.

  • Non doveva essersi mai detto che era felice, e quando si permetteva un piacere, doveva abbandonarvisi con moderazione, dicendo: “Mi riposo”. Così anche il piacere, passando anch'esso nella categoria dei diritti, perdeva la sua aggressiva futilità.

  • Giunto al tramonto della vita, profondeva su tutti un'indulgente bontà.

  • Lui non esigeva niente: a quell'età non si hanno più desideri. Niente, salvo che si abbassasse un poco la voce quando lui entrava; salvo che, al suo passaggio, ci fosse, negli sguardi e nei sorrisi, una sfumatura di tenerezza e di rispetto; niente, salvo che la nuora dicesse a volte: “Papà è straordinario; è più giovane di tutti noi”; salvo di essere il solo che riusciva a calmare i capricci del nipotino mettendogli le mani sul capo, e di poter dire, dopo: “questi grandi dolori solo il nonno sa come consolarli”; niente, salvo che il figlio, diverse volte l'anno, andasse a chiedergli consiglio su questioni delicate; nient'altro, infine, che di sentirsi sereno, tranquillo, infinitamente buono.

  • Il maestro trattava da uomini fatti quegli studenti che non erano ancora molto lontani dalle loro prime sigarette: offriva sigari.

  • Ti comprendo, t'ho compreso fin dal primo giorno.

  • -In quanto a te, Teresa, non ti ringrazio: hai fatto solo il tuo dovere-. Quando un uomo arriva a tanto bisogna fargli tanto di cappello.

  • “Come posso sperare di salvare il passato di un altro, io che non ho avuto la forza di trattenere il mio?”

  • Ho gettato attorno uno sguardo ansioso: presente, nient'altro che presente. [...] La vera natura del presente si svelava: era ciò che esiste, e tutto quello non avevo presente, non esisteva. Il passato non esisteva. Affatto. Né nelle cose e nemmeno nel mio pensiero. Certo, avevo capito da un pezzo che il mio presente mi era sfuggito.

  • La Cosa, che aspettava, si è svegliata, mi si è sciolta addosso, cola dentro di me, ne son pieno... Non è niente: la Cosa sono io. L'esistenza liberata, svincolata, refluisce in me. Esisto.

    Esisto. È dolce. Dolcissimo. Ho la bocca piena d'acqua spumosa. L'inghiotto, mi scivola in gola, mi carezza, ed ecco che mi rinasce in bocca: nella bocca mi rimane di continuo una piccola pozza d'acqua biancastra, discreta, che mi sfiora la lingua. E questa pozza sono ancora io. E la lingua. E la gola, sono io.

    Vedo la mia mano che si schiude sul tavolo. Essa vive – sono io. Si apre, le dita si spiegano e si tendono. È posata sul dorso. Mi mostra il suo ventre grasso. Sembra una bestia rovesciata. Le dita sono le zampe. Mi diverto a muoverle, in fretta come le zampe di d'un granchio caduto sul dorso. Il granchio è morto, le zampe si rattrappiscono, si richiudono sul ventre della mia mano. Vedo le unghie – la sola cosa di me non viva. E ancora. La mia mano si rivolta, si stende pancia a terra, adesso mi presenta il dorso. Un dorso argentato, un po' brillante – sembrerebbe un pesce, se non avesse dei peli rossi al principio delle falangi. Sento la mia mano. Sono io, queste due bestie che s'agitano all'estremità delle mie braccia. La mia mano si gratta una zampa con l'unghia d'un'altra zampa: sento il suo peso sul tavolo, che non sono io. Continua, continua quest'impressione del peso, non passa mai. Non c'è ragione perchè passi. Alla lunga è intollerabile... Ritiro la mano, me la metto in tasca. Ma subito, attraverso la stoffa, sento il calore della coscia. Ritraggo subito la mano di tasca e la lascio penzolare contro lo schienale della sedia. Adesso ne sento il peso in cima al braccio. Pesa un po', appena appena, mollemente, midollosamente esiste. Non insisto più: dovunque la metta, continuerà ad esistere ed io continuerò a sentire che esiste; non posso sopprimerla, come non posso sopprimere il resto del mio corpo, il calore umido che m'insudicia la camicia, né tutto questo grasso caldo che si muove pigramente come se lo si rimescolasse col cucchiaio, né tutte le sensazioni che circolano lì dentro, che vanno e vengono, che salgono dal fianco all'ascella, oppure vegetano tranquillamente, dal mattino alla sera, nel loro angolo abituale.

    Mi alzo di scatto: se soltanto potessi smettere di pensare, andrebbe già meglio. I pensieri, non c'è niente di più insipido. Ancora più insipido della carne. Si trascinano a non finire e lasciano un gusto strano. E poi ci sono le parole, dentro i pensieri, le parole incompiute, le frasi abbozzate che ritornano sempre [...]

  • Quattro righe su un foglio bianco, una macchia di sangue, ecco un bel ricordo.

  • When the mellow moon begins to beam

    Every night I dream a little dream

  • Niente. Esistito.

  • Nel cerchio si trascina una mosca intorpidita, si riscalda, e si strofina le zampe davanti l'una contro l'altra. Le renderò il servigio di schiacciarla.

  • Si sentono a loro agio, guardano con fiducia i muri gialli, la gente, trovano che il mondo è bello così com'è, proprio così com'è, e ciascuno dei due, provvisoriamente, attinge il senso della propria vita in quella dell'altro. Fra poco, quei due non faranno più che una vita sola, una vita lenta e tiepida che non avrà più alcun senso – ma loro non se ne accorgeranno.

  • Quando saranno andati a letto insieme dovranno trovare qualche altra cosa per velare l'enorme assurdità della loro esistenza. E tuttavia... è proprio necessario mentire a se stessi?

  • “Penso,” gli dico ridendo, “che siamo tutti qui a bere e a mangiare per conservare la nostra preziosa esistenza, e che non c'è niente, niente, nessuna ragione di esistere.

  • Di colpo il viso dell'Autodidatta si trasforma: si direbbe che ha fiutato il nemico, non gli avevo mai visto quest'espressione. Tra noi è morto qualcosa.

  • Lo so che cosa dissimula questo ingannevole sforzo di conciliazione. In fondo, mi chiede così poco: semplicemente di accettare un'etichetta. Ma è una trappola: se acconsento l'Autodidatta trionfa, sarei subito aggirato, ripreso e sorpassato, poiché l'umanitarismo raccoglie e fonde insieme tutti gli atteggiamenti umani. Se lo si contrasta, si fa il suo giuoco, poiché vive dei suoi contrari.

  • È dunque questa, la Nausea: quest'accecante evidenza? Quanto mi ci son lambiccato il cervello! Quanto ne ho scritto! Ed ora lo so: io esisto – il mondo esiste – ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto. Ma mi è indifferente. È strano che tutto mi sia ugualmente indifferente: è una cosa che mi spaventa.

  • Vorrei tanto lasciarmi andare, dimenticarmi, dormire. Ma non posso, soffoco: l'esistenza mi penetra da tutte le parti, dagli occhi, dal naso, dalla bocca...

    E d'un tratto, d'un sol tratto, il velo si squarcia, ho compreso, ho visto.

  • La Nausea non mi ha lasciato e non credo che mi lascerà tanto presto; ma non la subisco più, non è più una malattia né un accesso passeggero: sono io stesso.

  • Il tempo s'era fermato: una piccola pozza nera ai miei piedi; era impossibile che venisse qualcosa dopo quel momento lì.

  • Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione.

  • Eccoci dunque tornati a quelle discussioni alessandriniche che bisognava sostenere in altri tempi, quando avevo in cuore voglie semplici e volgari, come dirle che l'amavo, di prenderla tra le braccia. Oggi non ne ho alcuna voglia.

  • Non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a te. E mi ricordavo distintamente anche il più piccolo particolare della tua persona.

  • - Ma sì, sono cambiata, - dice seccamente, - sono cambiata completamente. Non sono più la stessa persona. Pensavo che te ne saresti accorto alla prima occhiata.

  • Appena avessi pronunciato una parola, fatto un gesto, tirato il respiro, ti saresti messa ad aggrottare le sopracciglia ed io mi sarei sentito colpevole senza sapere il perché. Poi, di minuto in minuto, avrei accumulato gli sbagli, mi sarei sprofondato nella mia colpa...

  • - Non sono affatto triste. Me ne sono meravigliata spesso, ma avevo torto: perché dovrei esser triste? In altri tempi sono stata capace di bellissime passioni. Ho odiato appassionatamente mia madre. E d'altra parte, a te, - dice in tono di sfida – t'ho appassionatamente amato.

    [...] - Lo so. So che incontrerò mai più niente e nessuno che m'ispiri della passione. Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un'impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento... c'è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più.

  • - Ti sei meritato tutto quello che ti è accaduto, eri molto colpevole; m'irritavi con quella tua aria solida. Sembrava che dicessi: sono normale, io; e t'applicavi a spirare sanità, trasudavi sanità morale.

  • Non bastava non notare la mia sofferenza: bisognava non soffrire.

  • Avevamo perduto le stesse illusioni, avevamo percorso gli stessi cammini.

  • Naturalmente non ci sono che io, io che odio, io che amo. E allora questo io è sempre la stessa cosa, una pasta che s'allunga, s'allunga... e si rassomiglia talmente che ci si domanda come la gente abbia avuto l'idea di inventare nomi, fare distinzioni.

  • Tutto quello che m'hai raccontato tu ero venuto a raccontartelo io; con altre parole, è vero. Ma ci incontriamo all'arrivo. Non so dirti come questo mi faccia piacere.

  • Io non sono come te, mi dispiace piuttosto di sapere che qualcuno ha pensato le stesse cose che ho pensato io.

  • Prenderla tra le braccia... a che pro? Non posso niente per lei. È sola come me.

  • Ho la penosa impressione che non abbiamo più nulla da dirci. Ancora ieri avevo tante domande da porle: dove era stata, che cosa aveva fatto, chi aveva incontrato. Ma tutto ciò mi interessa solo nel caso che Anny vi si fosse data con tutto l'entusiasmo. Ora sono senza curiosità.

  • Non sono soltanto costernato di lasciarla; ho un'orribile paura di tornare alla mia solitudine.

  • - Allora devo proprio lasciarti dopo averti ritrovata.

  • Ma ancora non era trascorso nulla, poiché lei era ancora lì, poiché era ancora possibile rivederla, convincerla, portarla con me per sempre. Ancora non mi sentivo solo.

  • Sono libero: non mi resta più alcuna ragione di vivere, tutte quelle che ho tentato hanno ceduto e non posso più immaginarne altre. Sono ancora abbastanza giovane, ho ancora abbastanza forza per ricominciare.

  • Sono solo in questa strada bianca fiancheggiata da giardini. Solo e libero. Ma questa libertà assomiglia un poco alla morte.

  • [...] mi sopravviverò. Mangiare, dormire. Dormire mangiare. Esistere, lentamente, dolcemente, come questi alberi, come una pozza d'acqua, come il sedile rosso del tram.

  • Non mi trascuro, tutt'altro: stamane ho fatto il bagno, mi son fatto la barba. Soltanto, quando ripenso a tutti questi piccoli atti solleciti non capisco come abbia potuto farli: sono così vani. Sono le abitudini, senza dubbio, che li hanno compiuti per me. Non sono morte, loro, continuano a darsi da fare, a tessere pian piano, insidiosamente, le loro trame, mi lavano, mi asciugano, mi vestono, come balie.

  • Non ho ancora lasciato Bouville e già non ci sono più. Bouville tace. Trovo strano che mi tocchi di rimanere ancora due ore in questa città che, senza più curarsi di me, riordina i suoi mobili e li ricopre con le fodere per poterli scoprire in tutta la loro freschezza, questa sera, domani, a nuovi venuti. Mi sento più dimenticato che mai.

  • Adesso, quando dico “io”, mi sembra una cosa vuota. Non arrivo più a sentir me stesso troppo bene, tanto mi sento dimenticato. Tutto quanto resta di reale in me è dell'esistenza che si sente esistere.

  • Coscienza obliata, abbandonata tra questi muri, sotto il cielo grigio. Ed ecco il senso della sua esistenza: è che è coscienza di essere di troppo. Si diluisce, si sparpaglia, cerca di perdersi sul muro bruno, lungo il fanale, oppure laggiù, nella bruma della sera. Ma non dimentica mai se stessa; è coscienza d'essere una coscienza che s'oblia.

  • E dire che vi sono degli imbecilli che attingono consolazioni nelle arti!

  • Quattro note di sassofono. Vanno e vengono e sembra che dicano: “Bisogna fare come noi, soffrire a tempo”. Ebbene, sì! Naturalmente, vorrei ben soffrire a questo modo, a tempo, senza indulgenza, senza pietà per me stesso, con un'arida purezza.

  • E anch'io ho voluto essere. Anzi non ho voluto che questo; questo è il vero significato della storia.

  • Some of these days

    You'll miss me honey.

  • [...] quel giorno a quell'ora è cominciato tutto. E arriverei – al passato, soltanto al passato – ad accettare me stesso.

domenica 27 settembre 2009

J. CONRAD – La linea d'ombra

  • I diciotto mesi trascorsi, così pieni di esperienze nuove e varie, mi apparivano come uno spreco di tempo, monotoni e prosaici. Avevo l'impressione – come dire? - di non poter ricavare da essi alcuna verità.

    Che verità? Spiegarlo sarebbe stata un'ardua impresa. Probabilmente, messo alle strette, sarei scoppiato in lacrime. Ero ancora abbastanza giovane per farlo.

  • Di colpo avvampai d'ira: si può comprendere come una tal domanda risultasse esasperante, visto che non sapevo cosa rispondere. Dovevo chiudere la bocca a quel moralista, mi dissi; e ad alta voce gli chiesi, con cortesia provocatoria. “Perché?... disapprovate?”

  • Gli dissi che non desideravo più parlare di ciò che era passato e finito. Finché era durato era stato bello, ma adesso era acqua passata e preferivo non parlarne né pensarci.
  • “Non avete compreso cosa intendevo.”

    “Davvero? Sono contento di sentirvelo dire” risposi.

  • Tutta la vicenda rafforzava in me quell'oscuro sentimento della vita come uno spreco di giorni, che, affiorando appena alla coscienza, m'aveva condotto a sbaraccare la mia comoda cuccetta, ad allontanarmi da compagni graditi, per sfuggire alla minaccia di vuotezza... e ritrovarmi l'inanità davanti alla prima svolta.

  • Qui v'era alcunché d'inatteso, e abbastanza originale da essere affatto incomprensibile.

  • Ma il senso dell'assurdo cominciava a esercitare il suo ben noto fascino

  • Poiché, se quelle parole non mi fossero sfuggite di bocca (la volontà non ebbe alcuna parte in questo), la mia esistenza sarebbe stata egualmente quella di un uomo di mare, non v'è dubbio, ma avrebbe preso una strada che all'oggi non riesco a immaginare nemmeno un po'.

    No. la volontà non ebbe alcuna parte in questo.

  • Temo proprio che l'umana natura non sia cosa bellissima sotto tutti gli aspetti. Ha i suoi lati brutti.

  • La curiosità può essere un sentimento proprio selvaggio, a volte.

  • Ma quell'uomo non era in grado di tener testa a qualcuno o qualcosa. Forse l'abitudine alla droga o le bevute solitarie.

  • Fu uno strillo di confessione, cinico e soltanto fievole, pietosamente fievole.

  • [...] considerava se stesso come una specie di emanazione (pagana) della divinità [...]

  • M'accorsi che la mia immaginativa aveva percorso sempre strade convenzionali, e che le mie speranze erano sempre state una merce incolore.

  • Era la prima volta che qualcuno tentava di nuocermi, o almeno la prima che me ne rendevo conto. Ed ero ancora abbastanza giovane, ancora troppo su quel lato della linea d'ombra, per non essere sorpreso e indignato di fronte a simili fatti.

  • Alzai gli occhi stupito. Ma in realtà la cosa mi lasciò indifferente.

  • “Senti senti” dissi senza emozione. “In ogni caso non mi sembra molto adatto a stare al mondo.”

  • Ciò di cui avevo veramente bisogno era di restare solo per un po'.

  • Avrei dovuto essere confuso dallo sbalordimento. Invece non lo ero. Ero proprio come i personaggi delle fiabe che nulla riesce a sbalordire. Quando da una zucca viene fatta sortire una carrozza di lusso equipaggiata di tutto punto per portarla al ballo, cenerentola non batte ciglio. Vi entra tranquillamente e parte verso la fortuna che l'attende.

  • Non avevo mai sospettato la sua esistenza. Non sapevo che aspetto avesse, avevo soltanto udito di sfuggita il suo nome, e tuttavia noi eravamo indissolubilmente uniti per una certa parte del nostro futuro, si trattasse di affondare o di stare a galla assieme.

  • Vissi un momento delizioso. E unico. Balzando in piedi, mi diedi a camminare avanti e indietro per la stanza.

  • “Un idiota [...] può essere pericoloso”. [...]“proprio perché è un idiota”[...]

  • “Ma quel tale non mi sembra del tutto sano nella testa. Anzi, deve essere proprio matto.”

    “Per quello, io credo che in questo mondo lo siamo tutti un pochino.” annunciò tranquillamente.

  • Ero come un innamorato che si separa a un incontro. L'ostilità degli uomini non mi toccava né punto né poco.

  • [...] ogni timore svanì. Sparì fulmineamente, come un cattivo sogno. Con l'unica differenza che un sogno non lascia dietro di sé un senso di vergogna, mentre io provai una momentanea vergogna per i miei indegni sospetti.

  • Quel sentimento di vuotezza della vita che mi aveva reso tanto inquieto negli ultimi mesi perse la sua amara plausibilità, la sua mala influenza, dissolto in un flusso di liete emozioni.

  • [...] qualsiasi cosa intendesse dire, qualsiasi cosa pensasse di lei, sapevo che la mia nave – al pari di certe donne rare – era una di quelle creature la cui semplice esistenza è sufficiente a ispirare un disinteressato piacere. Si sente che è bello essere nel mondo dove c'è lei.

  • “Anche tu,” pareva dicesse “anche tu proverai il gusto di quella pace e irrequietezza, nella vigile intimità con te stesso, oscuro come noi fummo oscuri, ma sovrano di fronte a tutti i venti e tutti i mari, in un'immensità che non trattiene tracce, non preserva memorie, e non fa conto delle nostre vite.”

  • V'era un che di orrendo nell'idea che lei avesse incarnato l'ultimo riflesso del mondo delle passioni, per quell'anima ardente che sembrava fissarvi in modo sardonico, nel volto selvatico di quel vecchio uomo di mare.

  • E come il membro d'una dinastia, sentendo un legame quasi mistico con i morti, ero profondamente scosso dalla sorte del mio immediato predecessore.

  • Avevo formulato la domanda in perfetta innocenza, ma la sua risposta (la differenza in fatto di distanza era insignificante) e il suo comportamento mi posero sulla via della semplice verità.

  • Come tutti gli stati emotivi molto semplici, anche questo era commovente.

  • Le mie illusioni, debbo dire, stavo perdendole in fretta.

  • Un dottore è umano per definizione. Ma quell'uomo lo era in realtà. Non parlava in modo professionale. Io non ero malato. Ma altre persone lo erano, e questo fu il motivo della sua visita a bordo.

  • Ero tremendamente stanco. Persino le stelle parevano stremate nell'attesa dell'alba.

  • Ci scambiammo un sorriso. Quello di Ransome un po' assorto, come al solito, il mio abbastanza fosco da corrispondere alla segreta esasperazione che mi rodeva.

  • Questi suscitavano speranza solo per annientarle nella più amara delusione, [...]

  • Il peso delle avversità cominciava a farsi sentire su di me. Nello stesso tempo detestavo quell'oscura debolezza del mio animo. Sdegnato, mi dissi che ci sarebbe voluto ben altro per intaccare minimamente la mia fermezza.

  • Credevo nel chinino. Vi proponevo tutta la mia fiducia. Avrebbe salvato gli uomini, la nave, infranto l'incantesimo con la sua potenza medicinale, avrebbe privato il tempo della sua importanza, avrebbe fatto del clima una mera preoccupazione passeggera, e, simile a una polvere magica che sconfigge misteriosi malefici, avrebbe protetto il primo viaggio del mio primo comando contro le potenze malefiche della bonaccia e della pestilenza.

  • È un fatto che, quanto più forte è la scossa che attraversa la mente, tanto più ci aiuta a sostenerla, provocando una specie di temporanea insensibilità.

  • L'intensa solitudine del mare agiva come un veleno nel mio cervello.

  • Invidiabile uomo! Tanto prossimo alla morte, mentre io dovevo sopportare in me il tumulto d'una sofferente vitalità, di dubbi e confusioni, pentimenti, e un'indefinita riluttanza ad affrontare l'orribile logica della situazione.

  • Il genere di malattia che avevo si chiamava indifferenza, la strisciante paralisi d'un orizzonte senza speranza.

  • L'unico che non si sarebbe potuto scusare ero io. Nulla dovrebbe mai essere dato per scontato. Il seme d'un insanabile rimorso aveva attecchito nel mio petto.

  • Tutto il senso del tempo si perde nella monotonia dell'attesa, delle speranze, dei desideri, [...]

  • e ogni volta che dovevo alzare la voce, era una stretta al cuore di rimorso e di compassione.

  • Le parole che ci scambiavamo erano poche e affatto puerili rispetto alla situazione. Dovevo costringermi a guardarli in faccia. Mi aspettavo di trovare occhiate di rimbrotto. Non ve n'erano mai.

  • [...] mi chiedo ancora se fosse la tempra della loro anima o la partecipazione della loro immaginativa a renderli così meravigliosi, così degni del mio imperituro ricordo.

  • Ciò che temevo era mi sfuggisse una nota stridula, mandando a monte il mio equilibrio.

  • Le stelle riapparvero sulle nostre teste, puntuali e tediose, ma l'aria rimase stagnante e oppressiva.

  • [...] ma nel ricordo, ora, in quei dì la mia vita si sostentava con un'inguaribile ansia, quasi una specie di stimolo infernale che al tempo stesso eccita e consuma.

  • Adesso comprendo quello strano senso di incertezza del mio passato. Ho sempre sospettato che avrei potuto non farcela. Ed ecco la prova sicura. Sto eludendola. Non riesco a farcela.

  • Attesi per alcuni attimi, sostenendo a fatica il peso dei miei peccati, il sentimento della mia imperfettezza morale, [...]

  • Egli era là solo, io ero solo, e ognuno era solo là ove si trovava.

  • A confronto con la disperata uggiosità dei giorni precedenti, quello attuale rea un moto vertiginoso.

  • E io vidi, sotto il valore e la bellezza della persona, l'umile realtà delle cose.

  • “No” risposi. “Non stanchezza. Vi dirò come mi sento, capitano Giles. Mi sento vecchio. E credo di esserlo”

  • “No, no. La verità è che nella vita non bisogna dare troppo peso a niente, né al bene né al male”

  • [...] lo udii salire la scaletta del boccaporto con cautela, gradino per gradino, nel timor panico di risvegliare improvvisamente l'ira del nostro comune nemico, ch'era suo destino di dover consapevolmente portare nel petto fedele.

M. KUNDERA – L'insostenibile leggerezza dell'essere

  • Ne era sorpreso lui stesso. Aveva agito contro i suoi princìpi. Dieci anni prima, quando si era separato dalla prima moglie, aveva vissuto il divorzio con la festosità che altri mettono nel celebrare il matrimonio.

  • Non osava liberare la mano dalla sua stretta per paura di svegliarla, e con molta cautela si voltò su un fianco per poterla osservare meglio.

  • Tomas allora non si rendeva conto che le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore è meglio non scherzare. Da una sola metafora può nascere l'amore.

  • Tomas si diceva: fare l'amore con una donna e dormire con una donna sono due passioni non solo diverse ma quasi opposte. L'amore non si manifesta col desiderio di fare l'amore (desiderio che si applica a una quantità infinita di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica a un'unica donna).

  • Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l'amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze, come gli uccelli sulle spalle di Francesco d'Assisi.

  • Chi tende continuamente “verso l'alto” deve aspettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura.

  • Ma è proprio il debole che deve saper essere forte e andare via, quando il forte è troppo debole per poter fare del male al debole.

  • Ci si rende conto della propria debolezza e invece de resistere, ci si vuole abbandonare ad essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancora più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso.

  • No, non era superstizione, era il senso della bellezza che la liberava dall'angoscia e la riempiva di un nuovo desiderio di vivere. Ancora una volta gli uccelli delle coincidenze si erano posati sulle sue spalle. Aveva le lacrime agli occhi ed era immensamente felice di sentirlo respirare accanto a sé.

  • Il suo amore per la donna della quale era innamorato da alcuni mesi era per lui così prezioso che cercava di crearle nella propria vita uno spazio autonomo, un territorio inaccessibile di purezza.

  • Perché le domande veramente serie sono solo quelle che possono essere formulate da un bambino. [...] sono proprio le domande per le quali non esiste risposta che segnano i limiti delle possibilità umane e tracciano i confini dell'esistenza umana.

  • [...] prende tutto troppo seriamente, di ogni cosa fa una tragedia, non riesce a capire la leggerezza e la gioiosa futilità dell'amore fisico. Come vorrebbe imparare la leggerezza! Come vorrebbe che qualcuno le insegnasse a non essere così anacronistica.

  • [...] giusto il tempo di bere un caffè, giusto il tempo di capire che effetto fa arrivare fino al confine dell'infedeltà.

  • Illuminato dall'incredibile, il suo corpo perdeva per la prima volta la sua banalità.

  • Che armi ha a disposizione? Solo la sua fedeltà. Gliela aveva offerta fin dall'inizio, dal primo giorno, come se fosse stata consapevole di non avere nient'altro da offrirgli. Il loro amore è un'architettura curiosamente asimmetrica: si fonda sull'assoluta certezza della fedeltà di lei come un palazzo gigantesco su un unico pilastro.

  • La gente di solito si rifugia nel futuro per sfuggire alle proprie sofferenze.

  • Come si è indifesi di fronte alle adulazioni.

  • Quando sedete di fronte a qualcuno che si mostra amabile, deferente, cortese, è molto difficile tenere sempre a mente che nulla di ciò che dice è vero, che nulla è sincero.

  • [...] un medico è una persona che accetta, per tutta la vita e con tutte le conseguenze, di occuparsi del corpo umano.

  • “Muss es sein? Es muss sein!”

  • Eppure avrebbe proprio agito nello spirito di Parmenide: avrebbe trasformato il pesante in leggero, quindi il negativo in positivo!

  • Ma una volta superata (gli ci volle all'incirca una settimana) la stupefacente stranezza della nuova vita, capì tutt'a un tratto di trovarsi in una lunga vacanza.

    Faceva cose delle quali non gli importava nulla, ed era bello!

  • Ciò che l'io ha di unico si cela appunto in ciò che l'uomo ha di inimmaginabile.

  • L'ossessione dei primi [uomini] è lirica: nelle donne essi cercano se stessi, il proprio ideale, e sono sempre e continuamente delusi perché l'ideale, come è noto,è ciò che non è mai possibile trovare. [...]

    L'altra ossessione è un'ossessione epica e in essa le donne non trovano nulla di commovente: l'uomo non proietta sulle donne alcun ideale soggettivo, perciò ogni cosa lo interessa e nulla può deluderlo. E proprio questa incapacità di rimanere delusi ha in sé qualcosa di scandaloso.

  • “Non cerco il godimento,” diceva “cerco la felicità, e il godimento senza felicità non è godimento”.

  • La vita umana si svolge una sola volta, quindi noi non potremo mai appurare quale nostra decisione sia stata buona e quale cattiva, perché in una data situazione possiamo decidere una volta soltanto. Non ci viene data una seconda, terza o quarta vita per poter confrontare diverse decisioni.

  • Si ricordò del famoso mito del Simposio di Platone: all'inizio gli esseri umani erano ermafroditi e Dio li spaccò in due metà che da allora vagano per il mondo cercandosi. L'amore è il desiderio della metà perduta di noi stessi.

  • Senza la merda (nel senso letterale e figurato dell'espressione) l'amore sessuale non sarebbe così come noi lo conosciamo: accompagnato dal batticuore e dall'accecamento dei sensi.

  • Quando parla il cuore non sta bene che la ragione trovi da obiettare.

  • [...] lui pensa che lei non lo ami più, lei pensa la stessa cosa di lui. Alla fine cadono uno tra le braccia dell'altra e dai loro occhi scendono lacrime di felicità.

  • Loro lo guardavano e si ripetevano che Karenin sorrideva e che fino a quando sorrideva aveva un motivo per vivere, anche se era condannato a morte.

  • Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per questo che l'uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.

  • “Tereza, una missione è una cosa stupida. Io non ho nessuna missione. Nessun uomo ha una missione. Ed è un sollievo enorme scoprire di essere liberi, di non avere una missione”.

  • Adesso provava la stessa strana felicità e la stessa strana tristezza di allora. Quella tristezza voleva dire: siamo all'ultima stazione. Quella felicità voleva dire: siamo insieme. La tristezza era la forma e la felicità il contenuto. La felicità riempiva lo spazio della tristezza.